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Piove una minuziosa pioggia di lettere sotto questo sole. Una pioggia secca, pioggia di ferro a rigare i pensieri. E un sentiero di ruggine a infrangersi controluce. Le parole insegnate, le parole mai dette eppure udite, sono come inghiottite. A guardare in su cadono dal cielo parole nuove, gocce appuntite come spilli. Sono gocce di Metalli Filati: sagomati e trattati come prodotti della filatura diventano sottili, allungati, elastici, tenaci, flessibili. Diventano una storia da riscrivere perché da vecchio quest’uomo non abbia a guardarsi il volto allo specchio pensando, senza troppo stupore, che quel volto non è il suo.
“L’amore per il ferro viene dopo. Dopo anni di lavoro nell’azienda di famiglia, quando il ferro era solo un pezzo uguale ad altri, quando il ferro doveva essere conforme. Viene dopo, l’amore. Dopo che impari a portarti la ruggine di dentro. La ruggine che è sporca, che se ti avvicini ti rispetta certo, ma lei lo capisce se sei pronto a sporcarti. Viene dopo, l’amore. Quando senti l’ odore della ruggine e ne riconosci il profumo.”
È il 2011 quando Paolo Mezzadri decide di intraprendere una propria diversa strada, quando prende il coraggio di ascoltare le lettere e i pezzi di scarto del ferro per creare, negli spazi di una vecchia Filandra a Soresina (CR), un laboratorio atto a condividere le emozioni che si generano quando il potere immaginifico della visione incontra la concretezza del ferro.
[…]Il ferro racconta l’amore. Quello in mezzo al mare, quello dentro il circo. Racconta i sogni, le parole, i pezzi di vita e di vite. Pezzi di lamiera arrugginiti e stesi al vento, come fossero lenzuola, nel tentativo di capire e capirsi, di dialogare dialoghi che non siano sordi. Nell’incontro timoroso con l’altro un mestiere di ferro, il mestiere di vivere.
“Tutte queste lettere ammassate chiedi? Ora ti dico. Quando leggi un libro sottolinei le parti che ti hanno più colpita, vero? Poi succede che riponi il libro, ma secondo me dentro il cuore rimangono quei pensieri e quelle frasi e quelle lettere. Perché buttarle o dimenticarle? Le puoi mettere in un tuo contenitore, un contenitore di lettere e farne un libro nuovo, il tuo. Prenderai le lettere, adesso in disordine, accatastate, confuse. E nasceranno altri pensieri, anche per te. E per tutti quelli che un po’ hanno l’ardire di vivere.”
Continua a piovere una minuziosa pioggia di lettere da quando ho iniziato a scrivere. Io, forse, adesso ho capito perché.
Questa pioggia che adesso accieca i vetri
rallegrerà nei perduti sobborghi
le nere uve d’una vite in un
cortile dileguato. La stillante
sera mi porta la voce sognata
di mio padre che torna e non è morto.
(La pioggia, Jorge Luis Borges)